On.le Patriciello, ha iniziato da pochi mesi il suo quinto mandato come parlamentare europeo, un vero e proprio record. Stavolta, però, non come membro del Partito Popolare ma come iscritto al nuovo gruppo, quello dei “Patrioti per l’Europa”. Perché questa scelta?
Credo sia stata una scelta coraggiosa, oltre che doverosa. Se vogliamo che l’Europa cambi davvero è necessario rivedere alcune scelte strategiche. E per farlo si è deciso di mettere insieme i partiti politici europei che la pensano allo stesso modo su temi fondamentali come quelli dell’industria, del contrasto all’immigrazione, della difesa dei nostri valori, della lotta al cambiamento climatico e via dicendo.
Quali scelte strategiche puntate a rivedere? Può farci qualche esempio concreto?
Io credo che una delle priorità sia quella che riguarda il settore dell’auto. Sull’elettrico si è fatto il passo più lungo della gamba, mi pare evidente. Intendiamoci: va bene puntare sulle auto elettriche ma non si può pensare di vietare i motori a combustione in tempi rapidi. Così si fa solo un regalo all’industria cinese che, a differenza nostra, non rispetta né le norme ambientali né quelle sociali. Non è un caso se, per la prima volta in 87 anni, la Volkswagen ha annunciato la chiusura di ben 3 stabilimenti in Germania con perdita di migliaia di posti di lavoro. Stesso discorso se guardiamo in casa nostra, in Italia: Stellantis sta vivendo una profonda crisi perché, semplicemente, le auto elettriche non si vendono come si pensava. Ecco perché noi diciamo una cosa molto semplice: sugli obiettivi “green” in generale bisogna essere pratici e volare basso, senza danneggiare le imprese europee e dando loro il tempo necessario per adeguarsi al cambiamento in atto.
Lei è uno degli eurodeputati con più esperienza a Bruxelles. Quali saranno, a suo avviso, le priorità dell’Ue nei prossimi anni?
Credo che il contesto di grave instabilità internazionale porterà il tema della pace, dell’esercito unico e della difesa in generale in cima alle priorità dei prossimi anni. Stesso discorso vale per la politica energetica, quella industriale e il commercio con gli Stati extra europei. E poi c’è il tema della sanità: il Covid ci ha insegnato, purtroppo, quanto può essere pericoloso non avere una linea comune europea per tutto ciò che riguarda la salute pubblica, la ricerca e gli investimenti in tecnologia. Il cancro colpisce egualmente in tutti e 27 gli Stati membri: non si capisce perché dobbiamo avere 27 sistemi differenti per affrontarlo. È questa la sfida del futuro: dare la stessa assistenza, le stesse opportunità e, in definitiva, la stessa possibilità di guarire dalle malattie a tutti i cittadini europei, a prescindere da dove essi vivano.
Torniamo in Italia. Il suo passaggio nella Lega dopo decenni di militanza forzista non è passato di certo inosservato. Come si trova nel partito di Matteo Salvini?
Molto bene. Ho trovato una organizzazione a dir poco perfetta, amministratori molto capaci e persone dalle qualità umane squisite. È un partito dove alle parole e alle promesse si preferiscono i fatti concreti. E questo fa la differenza.
Nel frattempo è stato nominato anche Coordinatore regionale del partito. Una prima volta, per lei, in questo nuovo ruolo.
Sì, è proprio vero: nella vita non si finisce mai di imparare. Mi è stato chiesto di affrontare questa nuova sfida ed ho accettato subito con grande entusiasmo. Mi lasci dire però che parto avvantaggiato: l’amico Marone ha svolto un grande lavoro in questi anni come Commissario. C’è solo da continuare sulla strada già tracciata con serietà e impegno. Nella prima riunione, sabato scorso a Campobasso, ho trovato un gruppo motivato e disponibile: sono certo che cresceremo ancora e che porteremo a casa risultati importanti.
On.le, sarebbe troppo scontato chiederle un suo giudizio personale sull’Amministrazione Roberti. Le chiedo però, lei che ha contatti importanti sia a Roma che a Bruxelles, come è visto il Molise e come viene valutata dal di fuori la politica dell’attuale Giunta?
Guardi, le posso dire senza dubbio che c’è grande fiducia e un assoluto rispetto. Da Bruxelles si guarda al Molise nello stesso modo in cui si guardano le altre regioni del sud. Una terra meravigliosa, piena di bellezze e con grandi potenzialità ancora inespresse. Più in generale, posso dire di aver notato un’attenzione e una curiosità maggiore nei confronti della nostra Regione. Il Molise esiste, insomma. Amministrare una Regione non è facile, ma il Presidente Roberti sta svolgendo, a mio avviso, un buon lavoro. Ha saputo trasferire la concretezza e la determinazione dimostrata nei suoi anni da Sindaco e Presidente della provincia nelle stanze della Regione. E questo non è poco, si fidi.
Da quali provvedimenti ripartire per spingere la leva dell’occupazione e della crescita in Molise?
Queste sono scelte che spettano al governo regionale, ci mancherebbe. Ho fiducia nel Presidente Roberti e sono convinto che saprà fare un ottimo lavoro per lo sviluppo e la crescita della nostra regione.
Una Regione che però si spopola sempre di più, di anno in anno.
Occorre invertire la rotta, su questo non c’è dubbio. In generale, penso sia necessario lavorare su tutto ciò che può aumentare la competitività del nostro territorio e arrestare lo spopolamento, una vera e propria piaga generazionale. Utilizzando e “istituzionalizzando”, per esempio, lo smart working, rendendolo in qualche maniera obbligatorio per i residenti nei Comuni al di sotto dei duemila abitanti, laddove possibile. C’è poi il grande tema delle infrastrutture.
Infatti. Il Molise è in forte ritardo da questo punto di vista. Come se ne esce?
Investendo, investendo e ancora investendo. Certo: non si recupera in un mese o in un anno il ritardo accumulato in tutti questi anni ma è necessario rimboccarsi le maniche al più presto. I fondi del PNRR sono una grandissima opportunità da questo punto di vista e il ministro Salvini sta riservando grande attenzione ai lavori da far partire un po’ in tutto il sud. Dobbiamo migliorare la viabilità, la messa in sicurezza dei tratti stradali più importanti e poi accelerare la realizzazione dell’aviosuperfice di San Giuliano che, a mio modesto avviso, può rappresentare uno degli asset infrastrutturali più importanti per la nostra regione.
Più investimenti e risorse per le infrastrutture, quindi.
Un grande piano di infrastrutture avrebbe ricadute sulla competitività delle imprese e del turismo. Occorre realizzarlo attraverso un’azione coordinata tra settore privato, istituzioni europee, governo nazionale, regione ed enti locali. A tre condizioni ben precise, però: certezza di risorse pubbliche, semplificazione delle procedure decisionali e rapidità di esecuzione. Realizzarlo significherebbe collegare territori a centri urbani, periferie a città, il nostro Molise all’Europa. È la precondizione per costruire una società inclusiva e ridurre i divari.
I recenti dati Svimez sull’economia al sud fotografano una situazione in chiaro-scuro: ancora alta la disoccupazione ma per la prima volta il sud cresce più del centro nord.
È un dato senz’altro incoraggiante ma non commettiamo l’errore di pensare che sia tutto rose e fiori. Dobbiamo rimboccarci le maniche e lavorare sodo tutti, nessuno escluso. L’ho già detto: non esistono differenze partitiche quando c’è in ballo l’interesse di un’intera Regione. Certo, dobbiamo farlo con attenzione, cercando di sfruttare al meglio la nostra posizione di Regione “cerniera” tra Abruzzo, Campania, Puglia e Lazio. È fondamentale programmare lo sviluppo di comune accordo con le regioni limitrofe, facendo leva sulle risorse messe a disposizione da Bruxelles.
On.le, con la sua attività da imprenditore ha creato una tra le più importanti eccellenze italiane ed europee a livello sanitario, l’istituto Neuromed. I suoi anni nel settore sanitario, nonché la sua attività di Parlamentare europeo in Commissione salute, la rendono a tutti gli effetti una vera e propria autorità in questo settore. Perciò le chiedo: quale sarebbe la ricetta di Patriciello per risollevare la sanità molisana, da anni in estrema difficoltà?
Non voglio sottrarmi alla domanda ma occorre fare una premessa. Ci sono due dati di fatto, due certezze: un alto indice di mobilità attiva, cioè di persone di altre regioni che vengono a curarsi in Molise e che generano ricchezza; e un altrettanto alto indice di mobilità passiva, vale a dire che c’è un gran numero di molisani che non si fidano dei nostri ospedali pubblici e preferiscono andarsi a curare in altre regioni. Ora: è evidente anche a un bambino che la mobilità attiva è una ricchezza per la nostra Regione. Eppure per anni questo dato, anziché essere valorizzato, è stato considerato in maniera negativa, se non addirittura negato. Detto questo, io credo che occorra lavorare su tre fronti. Primo: il Fondo Sanitario Nazionale assegnato al Molise va aumentato. La cifra assegnata alla nostra Regione all’epoca non ha tenuto conto della conformazione geografica del nostro territorio, prevalentemente montano e composto da 136 Comuni: un conto è mandare un’ambulanza da un quartiere all’altro di Roma, un altro è mandarla da Isernia a Capracotta, a mille e quattrocento metri di altezza. Secondo: investire in qualità, sia dal punto di vista delle risorse umane, sia per quanto riguarda le nuove tecnologie. Terzo ma non ultimo per importanza: puntare sull’efficienza, sulla lotta agli sprechi. Far crescere, insomma, la cultura economica dell’oculatezza; gestire gli ospedali pubblici come un buon padre di famiglia.