LA MIA IDEA DI EUROPA

La tutela delle Libertà e la Difesa dei nostri valori

La storica battaglia della Lega per un’Europa che riconosca i suoi valori e riaffermi l’importanza delle sue radici giudaico-cristiane oggi assume un nuovo significato. Nel difendere, tra quelle individuali, la libertà di espressione, sottolineiamo il pericolo dato dalla Legge sui Servizi Digitali (DSA) nell’ambito della quale alcuni strumenti previsti dal testo sembrano favorire il tentativo di controllo delle libere espressioni in rete, finalizzati più alla perdita del senso critico dell’utente online che a una sua reale tutela.

Il valore della laicità delle Istituzioni europee non implica la necessità, della quale questa Commissione europea si è fatta invece interprete, di eliminare dalla propria comunicazione la terminologia riferita alle festività della religione cristiana. Occorre difendere i valori storici e culturali dei popoli europei, sotto attacco da fanatismi religiosi e ideologia woke, che vogliono minare le basi della nostra società.

Vogliamo un’Unione europea che non utilizzi le situazioni di crisi globali per procedimenti utili a legittimare il proprio ruolo, ma che utilizzi quest’ultimo per liberare le energie necessarie a dare risposte alle esigenze dei cittadini.

Superare il Green Deal, il ritorno buonsenso

Nel 2022, l’UE ha contribuito solamente a meno del 7% delle emissioni globali, contro il 300/o della Cina e l’110/o degli Stati Uniti. Il dato più allarmante è che, mentre le emissioni di anidride carbonica nell’UE si stanno già riducendo a prescindere dall’entrata in vigore del Green Deal, quelle generate dalla Cina stanno continuando a crescere, anche per l’estrazione di materie prime e la produzione dei “prodotti verdi” destinati al mercato europeo.

Oggi paghiamo le false promesse della sinistra europea in merito al Green Deal e al fatto che “nessuno sarebbe rimasto indietro”. La scommessa, orfana di una seria e complessiva valutazione di impatto su economia e occupazione europea, si è rivelata colpevolmente miope, assegnando un finto “primato” di lotta al cambiamento climatico fatto di obblighi e penalizzazioni proprio al continente che meno ne è responsabile, obbligandolo ad un isolamento e a uno svantaggio competitivo difficili da colmare. Per questo motivo, risulta urgente affrontare le politiche climatiche con maggior pragmatismo per evitare di de-industrializzare l’UE senza apportare alcun beneficio all’ambiente a livello globale e, allo stesso tempo, creare nuove dipendenze estere e vulnerabilità critiche nel futuro.

Il primo atto della prossima legislatura europea deve un procedimento “omnibus” che riveda da cima a fondo il Green Deal, con un approccio intersettoriale, affinché obiettivi e tempistiche siano realistici, in linea con i concorrenti sui mercati internazionali e soprattutto sostenibili per famiglie e imprese.

Fine delle politiche di austerità: aumento del potere di acquisto e piena occupazione.

La Lega da sempre denuncia come il modello di sviluppo economico perseguito negli ultimi anni, basato sulla distruzione della domanda interna attraverso il consolidamento delle finanze pubbliche (austerità) e la compressione dei salari, abbia scatenato una corsa al ribasso che ha incrementato gli squilibri interni e asfissiato le economie europee; oggi questa ricetta viene finalmente messa in discussione anche dai protagonisti degli ultimi due decenni.

L’Unione Europea deve perciò concentrarsi sulla fine delle politiche d’austerità e di svalutazione salariale condotte in questi anni, raccogliendo gli sforzi politici nel concordare soluzioni volte all’incremento sostanziale degli investimenti pubblici e privati, conducendo così ad un modello di crescita economica virtuosa, guidato dell’aumento del potere d’acquisto dei lavoratori. Pur sottolineando che la materia fiscale debba restare competenza degli Stati membri, il mercato interno deII’UE dovrebbe portare con sé anche un’armonizzazione minima in materia fiscale, in modo da evitare fenomeni di dumping fiscale tra Stati membri ad esclusivo vantaggio delle grandi multinazionali.

In uno scenario di riforma dei Trattati che possa coinvolgere anche la Banca Centrale Europea, sarebbe necessario definire come “primari” per essa gli obbiettivi di crescita economica e di piena occupazione, al pari del principale obiettivo attuale della stabilità dei prezzi, al fine di consentire la conduzione di politiche monetarie più equilibrate e meno dannose per cittadini e imprese.

Neutralità tecnologica come fattore di autonomia strategica.

Rilanciamo una re-industrializzazione autentica che sfrutti tutte le tecnologie disponibili, utili alla transizione energetica, senza preclusioni ideologiche. 

Occorre un compromesso tra diverse esigenze di ridurre le emissioni inquinanti, mantenere i costi sostenibili, valorizzare le filiere industriali dei nostri territori e la necessità di farlo perseguendo l’autonomia strategica nel reperimento delle materie prime necessarie.

L’Europa deve acquisire maggiore indipendenza su questo elemento fondamentale del proprio sviluppo, anche per ridurre la dipendenza da Paesi terzi, come la Cina, che hanno pianificato da tempo un ruolo predominante su questi mercati.

Investiamo sul nucleare, nella ricerca sui piccoli reattori modulari e sull’energia da fusione per un mix energetico diversificato. Garantiamo le risorse necessarie per accrescere il potenziale delle fonti di energia rinnovabile con particolare attenzione per quelle programmabili, come quella idroelettrica, geotermica e quelle legate all’utilizzo delle biomasse per sostenere settori specifici e garantire la sicurezza energetica.

Tutela delle filiere produttive italiane

Occorrono maggiori opportunità e meno vincoli per creare un ambiente economico favorevole e incentivare la rilocalizzazione delle imprese in Europa. Sburocratizziamo e rimuoviamo i vincoli ambientali eccessivi che limitano oggi la crescita e l’accesso al credito. È necessario rivedere gli obblighi per le PNI contenuti nella direttiva sui doveri di diligenza rispetto al controllo degli impatti delle attività industriali e commerciali su tutta la catena del valore, così come occorre semplificare il quadro di criteri per gli investimenti in specifiche attività economiche.

Alla base di tutto rimane centrale, ovviamente, la necessità di revisionare i presupposti di questa transizione verde, che esige un repentino ed eccessivo fabbisogno di materie prime con conseguente rialzo dei costi di approvvigionamento, sostenendo misure che favoriscano l’estrazione, trasformazione e riciclaggio di materie prime neII’UE.

In aggiunta, sarà importante incentivare la ricerca e Io sviluppo al fine di creare prodotti innovativi che riducano il fabbisogno delle materie critiche necessarie, anche stipulando partenariati con Paesi terzi al fine di garantirne un apprvvigionamento sicuro.

A difesa del nostro patrimonio immobiliare e del settore auto

Vogliamo cancellare la direttiva “case green”, i cui obiettivi e tempistiche eccessivamente stringenti generano un’inflazione da eccesso di domanda sulle materie prime e sulle tecnologie necessarie alla ristrutturazione, ponendo un problema immediato di sostenibilità dei costi per le famiglie, per le imprese e per le finanze pubbliche.

Non possiamo sacrificare il nostro patrimonio immobiliare sull’altare dell’efficienza energetica che, senza obiettivi realistici, graduali e risorse dedicate, obbligherebbe comunque il Paese al recepimento di una direttiva inconciliabile con le caratteristiche del patrimonio immobiliare italiano. Siamo impegnati nel garantire a tutti i cittadini il loro sacrosanto diritto di possedere veicoli privati a prezzi sostenibili.
Per far questo è necessario salvaguardare il futuro del motore endotermico eliminandone la messa al bando dal 2035 e inserendo una piena legittimazione dell’utilizzo dei biocarburanti
nell’ambito della revisione del Regolamento sulle emissioni, prevista per il 2026.

Occorre togliere l’industria dell’automotive da una situazione di “stallo” e riaffermare che il mercato dell’auto deve avere un proprio sviluppo, tutelando prioritariamente una filiera che, in Italia, è espressione di eccellenza tecnologica con più di 3.000 imprese e quasi 190.000 addetti impiegati.

L'agricoltura che torna a essere fattore di sviluppo

Oggi l’Europa considera il sostegno della politica agricola un indennizzo per i costi della sua riconversione “ambientale”, anziché come sostegno al reddito; è necessario riportare la PAC su un binario rivolto alla tutela della capacità produttiva delle aziende, superando il farraginoso e burocratico sistema di ecoschemi e tornando a destinare quelle risorse al sostegno di base. La sostenibilità delle aziende agricole risiede soprattutto nella loro capacità di essere efficienti nel ciclo produttivo e nella gestione delle risorse naturali; per fare questo occorre investire in innovazione, meccanizzazione e agricoltura di precisione, modificando anche le direttive ambientali che oggi ostacolano l’utilizzo dei sottoprodotti di origine biologica in campo.

Siamo decisi a cancellare gli obbiettivi irrealistici che sono stati assegnati al primo settore dalle norme del Green Deal; andrebbero ad affliggere aziende che hanno già rispettato le norme di condizionalità previste dalla politica agricola e dalle normative di settore. È importante continuare a difendere la possibilità di utilizzo degli strumenti di difesa in campo per combattere le patologie delle piante, così come la necessità di un quadro europeo aggiornato sulle consistenze della fauna selvatica, per inaugurare una stagione di misure di gestione più efficaci sul territorio.

È giunto il momento di chiudere, in Europa, l’annosa partita dell’etichettatura di origine obbligatoria per i prodotti alimentari, per dare valore al lavoro delle nostre aziende e per informare correttamente i consumatori; per Io stesso obbiettivo restiamo contrari a qualsiasi ipotesi di etichettatura nutrizionale “a semaforo” che, in modo semplicistico, penalizzi il nostro Made in Italy.
Riconosciamo il valore insostituibile dei loro prodotti e delle caratteristiche nutrizionali che li definiscono e che non possono essere sostituite da quelle fornite dai prodotti di ingegneria cellulare, come la carne ’coltivata’.
Tutte le filiere agricole devono tornare ad avere piena legittimità, sgombrando il campo dalle campagne di demonizzazione, forti della sostenibilità e deII’altissima qualità dei loro prodotti.
Vogliamo sostenere il settore della Pesca italiana e i suoi diversi sistemi all’interno della prossima riforma della Politica comune della Pesca e nel Piano d’Azione, con un’attenzione particolare ad evitare la prospettiva di una tassa europea sul carburante per gli operatori.

Un’Europa che difende i propri confini

A seguito dell’adozione del patto asilo e immigrazione, che concepisce l’Italia come campo profughi dell’UE, è fondamentale rafforzare la difesa dei confini europei per prevenire le partenze dei clandestini verso l’Europa. In particolare, l’UE dovrebbe sostenere gli sforzi degli Stati facendosi carico di finanziare strumenti volti a prevenire l’attraversamento illegale delle frontiere sia marittime che terrestri.

Consideriamo indispensabile consolidare ulteriormente la cooperazione con gli Stati di partenza e origine dei migranti, specialmente condizionando l’erogazione degli aiuti allo sviluppo al rispetto di rigorosi impegni in materia di contenimento della immigrazione illegale.

In tale ottica, crediamo che il sistema europeo di asilo vada riformato impedendo ai clandestini di raggiungere il territorio europeo creando altresì centri d’identificazione dei migranti nei Paesi di transito (in particolare in tutti quelli della sponda sud del Mediterraneo) ove identificare e trattare le domande d’asilo.

Riteniamo inoltre di interesse nazionale adottare regole che consentano di sanzionare i trafficanti di esseri umani e tutti gli attori che facilitano l’immigrazione illegale.

Per un’Europa costruttrice di pace, benessere e sicurezza

Con un contesto internazionale sempre più instabile, l’UE deve affrontare contemporaneamente numerose sfide di politica estera che la riguardano direttamente e indirettamente: la crescente concorrenza tra grandi potenze, la ridefinizione degli equilibri di potere globali, i continui tentativi di minare l’ordine internazionale basato su regole multilaterali e un crescente nesso tra crisi estere e interne.

In questo contesto geopolitico, noi rimaniamo impegnati a sostenere il diritto di autodifesa dell’Ucraina, con la consapevolezza di dover perseguire, allo stesso tempo, tutti gli sforzi diplomatici per arrivare a una soluzione condivisa e porre fine al conflitto anziché favorire sconsiderate escalation militari, come auspica qualche leader europeo.

Siamo contrari all’idea della costituzione di un “esercito europeo” la cui operatività potrebbe essere condizionata dagli squilibri e dai pesi oggi esistenti tra gli Stati membri, amplificando, e non attenuandone, gli interessi diversi.

Possono avere invece un risvolto positivo anche per inserirsi in nuove iniziative industriali e per puntare su innovazione e ricerca tecnologica e garantire anche gli aspetti occupazionali quegli investimenti coordinati in tecnologie di difesa da parte degli Stati membri.